Pioggia d’estate

Un’altra pioggia, un’altra estate, un altro vento,

Guardo di soppiatto le tue mani in movimento.

Un’altra sigaretta spenta sulle mie incertezze,

Un bacio fresco e pronto a dissipare le amarezze.

Un altro giorno corre verso il solito finale,

Ma un temporale estivo gioca sporco a rallentare il sole.

Vince la sua mano con poker di grigi e scala di tuoni

E tu che sembri assorto ad ascoltare vecchi suoni.

Le mani in movimento si fermano all’istante 

Mi abbracci forte eppure non sei mai stato sì distante.

Di colpo mi allontano per scavare nei tuoi occhi

Vorrei trovarci amore e invece scorgo nuovi blocchi.

La pioggia che continua sembra non voler finire

Mi alzo dal tuo abbraccio solamente per capire.

Allora le tue braccia mi stringono di più 

Dici: “É solo pioggia, amore, e poi mi mancavi tu!”

Black – Scusate l’assenza!



Ascolto Black correndo in bici sul lungomare e i pensieri vanno più veloci di questi pedali. Mi chiedo perché non ho più voglia di leggere e di scrivere, come mai questa pausa da WP sta durando più di quanto mi aspettassi. Alcune risposte ce l’ho già , ma stanno bene lì nella scatola dei “pensieri che non voglio fare”, altre forse le sto trovando in questi giorni che sono allo stesso tempo indaffarati, ma anche rilassanti, lontani dal cahos della mia amata-odiata città. 

E poi tra i “pensieri che non voglio fare” ecco spuntare lui, il solito, quello che ha dato inizio a questo blog, quello che ancora non riesco a lasciare andare del tutto, il solito asfissiante pensiero su Mr. Vain. 

E appena si ripresenta non lo so se é un caso, ma Eddie Wedder sta cantando queste parole: “So che un giorno avrai una vita meravigliosa, so che sarai una stella. Nel cielo di qualcun altro, ma perché? Perché, perché non può essere, perché non può essere il mio?”. 

E così tra le domande che non mi vorrei più fare, puntuale, arriva anche questa e insieme ad Eddie mi domando: Perché? Perché dannazione non può essere il mio? 

E mentre il sole sta tramontando penso che di tempo, dolori, persone, risate, vita ne sono passati eppure c’è quel pensiero che non tramonta. 

E WP mi informa che proprio oggi sono ben 2 anni di blog e per me é stato un battito d’ali e allora, abbiate pazienza, forse non passerò più tanto spesso di qua, ma non sono ancora pronta a cambiare nome a questo virtuale e sgangherato posto!

Stronze si nasce, sfigate si diventa!

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Da bambina ero una stronza da manuale. Non so se son stati i grandi amori naufragati, quelli che neanche son partiti o le batoste forti come le cadute in testa di un albero maestro, a far affondare come il Titanic la mia autostima e quel sano “tirarsela un po’”, atavicamente connaturato all’essere donna, ma di una cosa son certa: da bambina ero una che ti faceva calare i calzoncini. Letteralmente.

Quando ero piccola io, non c’erano tante distrazioni tecnologiche.
Il massimo della vita era il Cosmic Causeway sul Commodore, fighissimo, peraltro, ma quello, comunque, é arrivato dopo.

L’età in cui ero una stronzetta in erba é un po’ precedente.

C’era un gruppetto di coetanei, tutti di non più di 4-5 anni, con cui in giardino si giocava all’acchiapparella, all’epoca meglio conosciuto come l’acchiappafemmine, a Lupomangiafrutta e a Stregamangiacolor.
Poi c’erano i giochi un po’ più pericolosi, tipo la capriola all’indietro appesi alle sbarre (che in realtà era il giro della morte), il salto all’isoletta, che altro non era che un’aiuola separata da quasi un metro di vuoto dal giardino, e le discese con la Bmx dritti a schiantarsi contro la serranda del Garage.

Durante tutte le nostre scorribande, però, c’era una regola pacifica. Se scappava la pipì non si tornava a casa, ma la si faceva “dietro la montagnetta” le femmine da una parte, i maschi dall’altra.

Fino a quando ci arrivò “la proposta”.
Un angelo biondo di 5 anni si fece portavoce dell’audace richiesta di un nutrito gruppo di ragazzini e con una voce candida come il bucato lavato col Dixan ci disse: “Se noi vi facciamo vedere il pisellino, voi ci fate vedere la patatina?”.

Ricordo che le mie compagne di giochi scapparono inorridite di fronte a tanto ardire, manco stessimo giocando all’acchiappafemmine, mentre io, mossa ancora non so da quale coraggio, ma molto più probabilmente da tanta curiosità, mi incamminai fiera e baldanzosa verso la montagnetta, seguita da quel nugolo di bimbetti trionfanti.

“Prima voi!” esclamai con fare sicuro. E dopo averli esaminati ad uno ad uno con smaliziata e divertita meraviglia, mentre gli avventurosi maschietti con le brache calate cominciavano a urlare “Ora tocca a te!”, feci una smorfia sprezzante, mi voltai e me ne andai.
Con noncuranza e con l’aria di chi ha appena deciso che il gioco non vale la candela.

Ecco, ora, per favore riportatemi lì.
Ai veri tempi del Girl Power e del Ce l’ho d’oro.

Sticazzi

  
Sticazzi del tempo che passa e quando lo fa non è mai gentile, lo sarebbe se si fermasse, invece, ogni tanto, come un amico a chieder “come stai? Va bene questo passo o devo rallentare e darti un pò di vantaggio?”

Sticazzi di questa vita che é poco generosa con alcuni, che a volte ti dà solo se riesci a prendere e se non riesci ti taglia fuori. Ti saluta, perché come il tempo, anche lei non si ferma mai. Implacabile ed impietosa, continua la sua corsa, anche quando tu hai perso la tua direzione. La vita non ti aspetta. La vita va.

Sticazzi dei pensieri neri, che a volte non ti lasciano in pace, perché al negozio della positività la polverina magica di Pollon l’avevano finita e allora sei uscita dal negozio a fianco con sacchi pieni di cinismo.

Sticazzi di questo blog, che ha un nome che non lo rispecchia più, perché se un Mr. Vain non c’è più nella mia vita, non vedo perché dovrebbe trovar posto in un blog dove probabilmente non fotte una beata minchia a nessuno.

Sticazzi di questo sfogo, perché ogni tanto ci sta, perché vomitare parole é a volte più semplice e più sincero di vomitare unicorni che vomitano arcobaleni. E allora sticazzi di questo sfogo e sticazzi di me che stasera il monologo di Edward Norton nella Venticinquesima ora mi fa un baffo, ma come direbbe mio cugino “se te li facesse tutti e due sarebbe meglio!”.

19 Febbraio

Goodbye my lover
Goodbye my friend
You have been the one
You have been the one for me

http://https://m.youtube.com/watch?v=wVyggTKDcOE

Forse doveva andare così…
Forse non sentirsi nemmeno nei giorni più importanti vuol dire che é davvero finita…ma finita per sempre…

Forse non lo sai che ieri nonostante tutto, ti ho pensato tanto…mi son mangiata le mani e il fegato per non chiamarti o scriverti, ma ti ho pensato tutto il santo giorno…
Ho ripensato a quel 19 febbraio di dieci anni fa…la tua telefonata breve, agghiacciante, il mio non saper dir nulla per provare a consolarti…un freddo cane che nessun abbraccio poteva colmare…un freddo dentro che nessun abbraccio ha colmato…

E poi al 19 febbraio di due anni fa, il tuo provare ad esserci per me, nonostante tutto…ché la nostra vita é sempre stata legata a fil doppio, manco che a intrecciarla ci fosse stato Dio in persona…e forse é proprio così…

Forse alcune parole anche se non ti arriveranno mai hanno comunque il bisogno di uscire e forse questo non é il posto più adeguato, ma tanto lo sai che io son sempre fuori luogo e fuori posto…

Forse é l’ultima volta che scrivo di te anche se sei tu la ragione per cui é nato questo blog…

Forse ho ancora bisogno di dirti addio perché non l’ho mai fatto…non ci siamo mai detti addio e forse la nostra storia almeno un grande addio se lo meritava…

Un addio in grande stile con tanto di titoli di coda e lacrime scroscianti sul The End…
Eppure a noi gli addii non ci son mai piaciuti, siamo più tipi da “ci sarò sempre per te”, però é davvero tanto, troppo tempo che non ci siamo più l’uno per l’altro…

Forse ci sto provando ora a dirti Addio…é un addio un po’ goffo e sconclusionato, ma almeno ci ho provato…

Addio, mio grande Amore, Grazie di Tutto e Buona Vita…

Insieme

Ed abbiamo capito per bene il termine insieme…
Luciano Ligabue

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In ogni caso ci siamo salvate.
Dalla noia,
Dai rancori,
Dalle grinfie dei dottori.
Dalle feste in cui circolava troppo alcool,
Da quelle in cui non ne circolava affatto.
Dai tipi che ci volevano usare,
Da quelli che, nostro malgrado, l’hanno fatto.
Dal crescere troppo in fretta,
Dal maturare troppo tardi.
Dalle sveglie mattutine,
Dagli imprevisti,
Dai ritardi.
Dai lavori stressanti,
Dallo stress del non lavorare.

Dai lutti non previsti,
Dalle perdite premature.
Dalle diagnosi inaspettate,
Da quelle preannunciate.
Dai battiti accelerati,
Dalle corse al pronto soccorso,
Dai giri degli ospedali manco
Fossero le 7 chiese.
In ogni caso ci siamo salvate
E solo perché eravamo insieme.

Total eclypse

  Vedo solo una serie interminabile di puntini da unire,
laddove Tu vedi già un bellissimo disegno.

Mi devo fidare, hai detto.

Eppure gli spazi tra i puntini si allargano ed io, senza mappe né bussole, non riesco a seguire la numerazione.

Devo saper aspettare, hai risposto.

Sì, d’accordo, ma già che ci sei fammi un favore: prova ad alzare questa pesante coltre di cinismo e vedi un pò se là sotto batte ancora un cuore.

Once upon a time I was falling in love

But now I’m only falling apart

And there’s nothing I can do

A total eclipse of the heart