Vi regalo una fiaba strana

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Non pensavo che l’avrei mai condivisa. Questa fiaba, Vi avverto, non è niente di ché.

L’avvertenza è d’obbligo, perchè mi rendo conto che in questi giorni di festa il tempo è più prezioso e bisogna scegliere accuratamente come usarlo.

Allora, Ve lo ripeto, e non per finta modestia, questa fiaba è lunghetta e non è niente di ché. Eppure per me è importante, come lo è la scelta di condividerla qui.

Questa fiaba l’ho scritta quattro anni fa, in risposta ad una storia molto bella che parla di un Cavaliere senza macchia e tante paure, che non posso per ovvi motivi riportarvi qui, perchè la proprietà intellettuale è di un certo Mr. Vain di cui qualche martire tra Voi, che è solito leggere le mie digressioni sconnesse, avrà già sentito parlare.

La fiaba che ho scritto io, è decisamente meno bella, ma l’ho scritta in un periodo in cui io e Mr. Vain non ci sentivamo da un bel pò, per spiegargli alcune cose nell’unico modo in cui riuscivo a farlo, così come aveva fatto Lui, inviandomi la sua storia. Inutile dirVi quanto io ci sia affezionata. Ed è questo l’unico motivo per cui ho deciso di condividerla con Voi, perchè in questo periodo di feste e bilanci questo Blog è sicuramente da mettere nella colonna delle Cose da salvare di questo 2015 così così, che sta per volgere al suo termine.

Questo Blog mi ha dato tanto, sicuramente più come lettrice che come blogger, ma le Vostre parole, i Vostri commenti sono stati altrettanto d’aiuto in questi mesi, di quanto lo sono stati i Vostri post, per me continue scoperte. E allora questa fiaba strana, un pò triste e un pò bruttarella, che mi fa anche un pò vergognare e che pensavo non avrei fatto mai leggere a nessuno (a parte mia sorella e Mr. Vain) io Ve la voglio regalare. In questa Vigilia della Vigilia, per dirvi GRAZIE, di cuore, con un piccolo pezzo di me.

C’era una volta -e forse c’è ancora- una principessa rinchiusa in una torre. Ad ogni modo, non era certo quella la prima volta che la principessa si trovava lì. La torre era un luogo spaventoso infestato da fantasmi, draghi e orribili bestie notturne, ma la giovane donna, discendente da una stirpe forte e valorosa, non si arrendeva mai e lottava strenuamente e a lungo contro ognuno di essi. I giorni -e soprattutto le notti- si susseguivano inesorabilmente in preda a battaglie sempre più ardue che sembravano non giungere mai al termine.

Accadeva però, seppur di rado, che la principessa riuscisse a godersi una giornata di tregua, in cui il sole riusciva a filtrare dalla piccola finestra della torre e a beneficiarla della sua calda e ristoratrice presenza. Erano quelli i giorni in cui si perdeva con lo sguardo negli splendidi scenari che si offrivano alla sua vista persino da lassù, da quell’odiato, triste e lugubre luogo. Erano le notti in cui la principessa sognava di tornare alla sua vita di sempre, al suo castello, dove c’erano sempre i suoi cari ad aspettarla. Oppure sognava di posti lontani e immaginava le fantastiche avventure e i meravigliosi viaggi che avrebbe potuto e voluto vivere in futuro. Ricordava tutti i giorni felici che aveva trascorso fino ad allora e fantasticava su quelli che dovevano ancora arrivare. E poi, nonostante fosse sempre stata schiva e diffidente sull’argomento, sperava un giorno di incontrare il suo principe. I giovani che aveva incontrato fino ad allora non si erano mai dimostrati all’altezza: alcuni li aveva scartati a priori, a qualcuno, invece, aveva aperto il suo cuore e raccontato la sua storia. Dopo cento promesse, forse oneste, ma pretenziose, i pochi che ne erano venuti a conoscenza se l’erano data a gambe levate o qualche volta la stessa Principessa, spaventata e stufa della solita e inevitabile reazione aveva deciso di scappare lei per prima, precedendola. Ciò nonostante, a volte, e suo malgrado, si abbandonava a fantasie sulla sua anima gemella, sentiva in cuor suo che doveva pur esserci da qualche parte, si domandava come mai non l’avesse ancora incontrata e soprattutto si chiedeva persino con una punta di sciocco risentimento, come mai impiegasse tutto questo tempo per venirla a salvare. Ma i giorni passavano e stanca di attendere invano, trovava dentro di sè una forza inaspettata che le consentiva di debellare tutti i suoi acerrimi nemici. Era solo in quel momento che finalmente riusciva a scappare dalla torre.

Ad onor del vero le cose non andavano esattamente così, ma accadeva qualcosa di cui la fanciulla non riusciva in nessun modo a capacitarsi: quando le orribili creature che abitavano la torre smettevano di tormentarla, si avvicinava tremante alla porta della cella e si trovava ancora una volta di fronte alla solita sconcertante scoperta: la porta era sempre stata aperta. Ad ogni modo fuggiva via e pian piano, scalino dopo scalino, assaporava nuovamente la libertà e dopo giorni e giorni di estenuanti ricerche riusciva infine a far ritorno al suo amato castello. Ma la principessa già sapeva (e soprattutto temeva) che il suo ritorno non fosse un “per sempre” e così ogni due, tre, quand’era fortunata persino quattro stagioni, si ritrovava nuovamente lì, rinchiusa nella stessa orribile cella posta in cima alla stessa maledetta torre. La sua speranza (ormai anche consapevolezza) che la porta fosse aperta non le dava il coraggio necessario per provare a scappare ancor prima che arrivassero i mostri. Era più forte e alla fine vinceva il timore infondato di scoprire che la cella non fosse più aperta come la volta precedente e che un giorno sarebbe rimasta imprigionata lì per sempre. Quest’idea la terrorizzava forse ancor più di tutte le orribili creature che la tormentavano incessantemente.

Per anni ed anni aveva creduto di essere vittima del crudele incantesimo di una strega malvagia e questa sua convinzione era avvalorata dal solito seppur sfumato ricordo: era sempre stata una donna oscura e incappucciata ad averla condotta fin lassù, tuttavia la principessa stordita, confusa, forse persino immobilizzata, non era mai riuscita a guardarla in volto. Ne ricordava perfettamente gli abiti, le movenze, la postura e anche la sua voce che le sembrava stranamente familiare…finché un giorno, riuscita ancora una volta a scappare dalla torre, ebbe la sua rivelazione e fu forse allora che ebbe inizio il suo vero tormento, la più crudele delle maledizioni.

La fanciulla stava correndo nel bosco col cuore in gola, col solo intento di allontanarsi il più possibile dalla torre, quando all’improvviso vide un ruscello, si fermò e si avvicinò per bere e rinfrescarsi. L’immagine che vide riflessa nell’acqua le tolse il respiro e la spaventò a morte.

Vide il suo stesso volto e il suo stesso corpo ricoperti dagli abiti e da quel cappuccio che indossava la misteriosa donna malefica. Improvvisamente ogni cosa divenne chiara e nessuna verità poteva essere più atroce, nessuna spiegazione poteva essere altrettanto funesta e fatale. Non esisteva nessuna strega maligna che l’aveva rinchiusa, nessuna magia nera o incantesimo da poter spezzare. Solo una principessa che si rinchiudeva da sola in una torre dalla quale avrebbe potuto uscire in qualsiasi momento, se solo ne avesse avuto il coraggio.

Questa fiaba, ammesso che di fiaba si tratti, non ha un lieto fine, non c’é nessun drago da uccidere e nessun principe dalla sfavillante armatura. Solo una principessa con i vestiti logori e l’anima trafitta a seguito di cento battaglie, che ancora non si dà per vinta perché ora sa che il lieto fine, se mai ci sarà, l’avrà costruito, giorno dopo giorno e con le sole sue forze, solo lei, proprio lei e persino lei: la principessa che era anche una strega.

POST-FAZIONE:
Si tramanda che nella torre della principessa vennero ritrovati dei post-it che ella scrisse nei giorni più neri della sua prigionia..eccone 4…

POST-IT PER DIO
Aiuta questi cuori stanchi, guarisci le anime inquiete.
C’è un mondo che fa festa per i morti e sputa sulle lacrime dei vivi.
Fai ballare chi non ha gambe per poterlo fare.
Fai sognare chi da tempo ha solo gli incubi più neri.
Qual’è la legge? Sempre se c’è dimmi qual’ è.
Scusa il cinismo ma ho finito l’amore e non ho idea di dove sia il distributore.
Qui sono nata, ma sono in terra straniera.

POST-IT PER ME STESSA
Quando avrai i pugni chiusi, lo sguardo di fuoco e uno stomaco senza pietà.
Quando avrai parole assassine e silenzi innalzati come muri invalicabili.
Quando avrai messo la madre e il padre all’angolo e l’amore a puttane.
Quando avrai deciso di spegnere anche l’ultima stella.
Quando piangerai senza neanche sapere di farlo
Lacrime che scorrono sul viso a piangerti morta
come le madri di un figlio che non è più tornato dalla guerra
Ricordati che gli errori più grandi non sono stati i baci non dati, le lauree non prese, gli amici non richiamati.
L’errore più grande è stato smettere di credere che Qualcuno ti guarda, ti ascolta, ti perdona e ti ama così come sei. Perfino ora.

POST-IT PER CHI C’È SEMPRE STATA
Non a caso sarà l’unico non incazzato.
Non a caso sarà il solo a scavare milioni di piccole crepe su un cuore di pietra.
Non a caso farà ricordare arcobaleni e sorrisi e occhi che brillano ancora.
Non a caso farà sospirare e respirare aria buona.
Non a caso farà tornare il pensiero leggero in quel posto dove l’amore ti viene a cercare.
Non a caso mi riporterà da te
con in mano un raggio di sole
a chiederti di dar fuoco insieme a tante inutili parole
perché Dio ha già fatto quel miracolo che aspetto
quando ha deciso di regalare te alla mia vita.

POST-IT PER CHI DEVE ANCORA ARRIVARE
Stop. Non entrare. Avvicinati, stringimi, amami, ma rimani lì, sulla porta.

Il posto magico

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Era Agosto inoltrato e avevo preso l’abitudine di andare a riflettere, ma forse sarebbe più onesto dire a piangere nella macchina di mio padre, parcheggiata sotto casa.
Mi sembrava un posto magico. Era quasi come star seduta in riva al fosso di Ligabue o  in un angolo dell’Isola che non c’è di Bennato.
Il tempo e lo spazio si fermavano e tutte le emozioni, la rabbia, il pianto, la sofferenza ..diventavano… come ovattate..per lasciare infine il posto a qualcosa che assomigliava alla pace o per lo meno a un sonno sereno, quello che ormai da tempo mancava alle mie notti.
Ero sola con la musica, sola con me stessa, sola con Dio. Parlavo con Lui, ma parlavo anche con te, certa che almeno uno dei due ascoltasse. Ogni tanto sentivo rallentare una macchina..Una smart bianca.. E speravo fossi tu.. Venuto finalmente a salvarmi in sella al tuo moderno cavallo bianco. Ma non eri mai tu.
Sai, non te l’ho mai raccontato ma su questa cosa fantasticavo già nove anni fa, quando stavamo insieme. E ancor di più quando ci siamo lasciati.
Speravo sempre che una sera tornata stanca dall’uni ti avrei trovato sotto casa ad alzar spallucce come a dire “non potevo vivere senza di te.. E così eccomi qua!” come avrò visto succedere in centinaia di film d’amore.
Maledetti! Lo diciamo sempre che é colpa loro…sono i dannatissimi film romantici e non gli uomini a rovinarci la vita!!! Stessa cosa vale per le favole.. Basti pensare a “quella gran culo di Cenerentola”…tanto per fare una citazione del più colpevole tra i suddetti film!
Insomma lo so che ti ho sempre detto il contrario che io non sono quel tipo di donna, che sono per la concretezza, per i fatti, per i piccoli gesti possibili…BALLE!In fondo sono esattamente come tutte le altre…voglio la favola, accidenti!